Questo è un periodo delicato per parlare di normalità. E forse è proprio per questo che abbiamo voluto dedicare il mese di maggio all'argomento. Ho riflettuto un po' prima di mettermi qui a scrivere questo articolo. L'intenzione è sempre quella di scrivere qualcosa che possa essere concretamente utile a chi cresce nativi digitali o vuole, semplicemente, conoscerli di più. Per cui eccomi qui a provare a raccontarvi l'idea di normalità oggi, per lo meno per quelle generazioni digitali, alle quali, solo in parte, appartengo. Per il resto ci metto le mie competenze e conoscenze di psicologa, che fanno sempre la loro figura.
Partiamo dal semplice, da qualche parola chiave che personalmente associo immediatamente al concetto di normalità:
#digitale
#incertezza
#liquidità
#ritornoallanormalità
#ritornoallanormalità
L'ultimo punto della lista è chiaramente quello più attuale. Se ne parla tanto e qui voglio dirlo: non penso ci sarà un ritorno alla normalità. Per lo meno non alla normalità che conoscevamo tre mesi fa. Tornerà una nuova normalità, nella convivenza con il virus prima, e nella vita dopo - se un dopo ci sarà effettivamente e quando ci sarà. Il coronavirus è un cambiamento di stato, nel quale siamo ancora dentro con entrambe le scarpe. La nostra normalità oggi è fatta di timide uscite, lavoro ancora da casa, scuola digitale, una discreta dose di ansia e preoccupazione e così via. Costruiremo una nuova normalità, difficilmente faremo ritorno a quella precedente.
#digitale
La normalità oggi è poi senza dubbio digitale. E lo hanno scoperto un po' tutte le generazioni in questo periodo di emergenza e quarantena. Se non avessimo avuto internet...chissà.
Su questo punto voglio però condividere una riflessione: per le nuove generazioni il mondo è tanto analogico quanto digitale. Non c'è distinzione netta, non c'è confine marcato. La realtà è una ed è un'inter-realtà, dove analogico e digitale si mescolano. Le generazioni analogiche fanno ancora fatica a capirlo. Un po' perché il digitale è spesso relegato a qualcosa di virtuale, un po' perché si ha la convinzione che queste due sfere - analogico e digitale, appunto - siano scindibili una dall'altra.
Il digitale non è virtuale. Relegarlo a "virtuale" è particolarmente rischioso per chi ha figli: virtuale è spesso sinonimo di finto e relegare a virtuale il mondo digitale in cui vivono i propri figli è un po' come negarlo, come dichiarare la sua finzione. Loro trascorrono più del 50% del loro tempo online. Vogliamo davvero negare metà della loro vita?
Analogico e digitale non sono poi divisibili, quanto amalgamati. Sempre di più. Ormai è complicato definire quanto inizia uno e finisce l'altro, non solo in economia, nel marketing o in un'amicizia nata online.
#liquidità
E qui arriviamo alla liquidità. Questa inter-realtà, dove analogico e digitale sono fusi, è una realtà liquida e fluida. Una realtà dove la diversità è talmente presente da essere normalità, dove le etichette lasciano il posto alla libertà di ognuno di definirsi ed esprimersi, dove i confini - geografici, di genere, di passioni, di relazioni, di informazione, di conoscenza - sono sempre più labili.
#incertezza
Eccoci al quarto punto, allora. La normalità è incertezza. E questo a prescindere dal digitale. Il futuro è un grande punto interrogativo. Sicuramente per le generazioni digitali, che faticano a ragionare al futuro e preferiscono di gran lunga il presente, ma, sempre di più, anche per le generazioni analogiche. È arrivato il coronavirus a insegnarcelo.
Qualche mese fa, durante un'aula che ho tenuto sul tema della collaborazione tra generazioni, abbiamo a lungo dibattuto sul concetto di incertezza: le persone presenti, tutte over 45, facevano fatica a comprendere e accettare che il rapporto che le nuove generazioni hanno con il futuro sia grandemente diverso dal loro. Ho l'impressione che oggi la situazione sia un po' cambiata. Questa emergenza ci ha sbattuto in faccia la precarietà e l'incertezza della realtà in cui viviamo. Che ci piaccia o che, più probabilmente, non ci piaccia.
Normalità incerta, liquida, digitale e sempre in evoluzione, insomma. Chi sta crescendo figli in questo presente ha tutta la mia comprensione.
E in pratica?
Qualche consiglio per voi: è fondamentale avere - e insegnare - flessibilità, capacità di adattamento e resilienza. Lo si può fare in tanti modi. Se seguite sulle nostre pagine social la rubrica di Martina, #compitidisviluppo, avrete già raccolto qualche suggerimento pratico in merito. I miei vogliono essere più che altro suggerimenti rivolti alla riflessione, per poi capire, rispetto all'esperienza e vita di ognuno, come renderli in pratica.
I genitori - o chi educhi e cresca bambin* e ragazz* - sono chiamati oggi a consegnare loro scenari possibili per il futuro, lavorando sulla visione prospettica e la capacità di gestire le emozioni e il dolore. Se tutto è liquido e incerto, è fondamentale che si cresca consapevoli di poter essere il proprio porto sicuro. La capacità di "tornare a se stessi" diventa cruciale. A ben pensarci, siamo l'unico punto fermo a cui possiamo ambire.
Importantissimo è poi ascoltare, fare domande e accogliere, piuttosto che parlare, dare risposte e valutare. In una normalità incerta, liquida, digitale non esistono risposte giuste, ma solo domande giuste da porsi e da porre. Per cui ascoltiamo, domandiamo e accogliamo quello che ci arriva dai bambin* e dagli adolescenti. Perché sicuramente stanno cercando di dirci qualcosa.
3 comments
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