Finora, all’interno del nostro blog, abbiamo declinato il tema dei cambiamenti portati dal digitale sempre in relazione alle nuove generazioni e all’utilizzo che queste fanno delle nuove tecnologie. Tuttavia non possiamo dimenticarci che in Italia abbiamo un doppio primato rispetto al resto dell’Europa: siamo il Paese con la popolazione più anziana (14 milioni over 65 secondo i dati Istat del 2020) e quello con il più alto tasso di analfabetismo digitale legato al gap di conoscenze nell’utilizzo delle nuove tecnologie.
Questi dati mettono in luce un problema sempre più urgente: una consistente fetta di anzianə risulta emarginata, tagliata fuori dal mondo online che, oggi più che mai, è un mondo a tutti gli effetti, dove molte persone trascorrono gran parte del proprio tempo e delle proprie vite. Inoltre certe attività possono essere svolte esclusivamente online, come ad esempio scaricare il Green Pass o attivare lo Spid, che necessitano di un indirizzo di posta elettronica. Il non poter gestire queste procedure in maniera autonoma aumenta il divario tecnologico e, di conseguenza, il gap generazionale.
Ecco perché, in questo articolo, ci concentreremo su come supportare nonnə, genitorə o colleghə “senior” mentre affrontano la sfida della “digitalizzazione”.
Ok boomer? Anche no.
La prima cosa importante per essere veramente d’aiuto è mettersi nei panni di chi ha vissuto gran parte della propria esistenza senza che il digitale rappresentasse un vantaggio o qualcosa di assolutamente imprescindibile. Questo fa sì che, spesso, le persone anziane siano più restie ad approcciarsi alle nuove tecnologie perché, di fatto, non ne sentono il bisogno, non l’hanno mai avvertito e quindi “perché iniziare proprio ora”.
In questo caso, piuttosto che cercare di convincere queste persone con lunghe dissertazioni filosofiche su quanto il digitale sia importante o liquidare la faccenda con un “ok boomer” è molto più efficace mostrare loro i reali, concreti, vantaggi che il digitale potrebbe portare nelle loro vite. Qualche esempio? Essere aggiornatə sulle notizie più disparate provenienti da ogni angolo del mondo, poter vedere e sentire i parenti più stretti, seguire in rete lə nipotə nel loro percorso di crescita, poter vedere e rivedere attraverso i servizi di streaming i loro film e le loro trasmissioni preferite, avere la possibilità di fare la spesa online, risparmiando tempo e fatica, svolgere un lavoro in maniera più rapida ed efficiente, utilizzare un sistema domotico che, tramite assistente vocale, permette di compiere attività pesanti che riguardano l’ordine e la cura della casa.
In poche parole, evidenziare, attraverso esempi pratici, perché la tecnologia non sia un’opportunità a prescindere ma possa essere un’opportunità per loro è il primo modo per far sì che anche le persone più recalcitranti nei confronti del digitale possano coglierne il reale valore.
Pazienza e empatia
A questo punto veniamo alla parte complicata, ovvero spiegare alle persone più anziane come utilizzare il digitale. Un aspetto da tenere in considerazione è il linguaggio: il gergo “internettiano” è pieno di anglicismi che rischiano di causare ulteriore frustrazione in chi già si trova in difficoltà nell’imparare qualcosa di completamente nuovo e lontano dalla propria zona di comfort.
Termini come “desktop”, “hardware”, “url”, “login” e così via, sono ovviamente banali e comuni per le generazioni avvezze all’utilizzo del digitale ma sono totalmente alieni a chi li sente per la prima volta. Ecco perché è molto più utile ed efficace tradurre questi termini in italiano, spiegandone il significato e cercando di essere il più possibile comprensibili. Fondamentale poi mostrare tutti i passaggi di un’attività online, senza dare nulla per scontato, cercando anche di illustrare il “processo” invisibile che lega la causa a un effetto (ad esempio cliccare su un “collegamento” che da una pagina rimanda a un'altra o mettere un “mi piace” a un post). Parliamoci chiaro, sarà necessario armarsi di una buona dose di pazienza ed empatia ma solo così si potranno ottenere i migliori risultati.
Anche sospendere il giudizio, qualora dovessero incartarsi o ripetere erroneamente un passaggio sbagliato è fondamentale: lasciate che riprovino in autonomia, finché non avranno assimilato la procedura corretta. D’altronde sbagliando si impara e la logica del “trial and error” ovvero quella del “provare e sbagliare” è quella con cui la maggior parte di noi ha imparato ad utilizzare la tecnologia, senza manuali di istruzioni. Non dimentichiamocelo quindi e lasciamo che prendano confidenza e dimestichezza con il mezzo a suon di tentativi, limitandoci piuttosto a correggere il tiro di tanto in tanto ma senza essere troppo invadenti o saccenti.
Una volta che le persone anziane inizieranno timidamente a utilizzare il digitale cerchiamo di battere il ferro finché è caldo, stimolandone l’utilizzo e cercando di coinvolgerle il più possibile, affinché non perdano l’entusiasmo e lo slancio iniziale.
Sì, ma ne vale la pena?
Aiutare le persone più anziane nel processo di digitalizzazione è importante non solo per ridurre il senso di isolamento sociale e di emarginazione, ma ha degli effetti benefici anche a livello neurologico. Diversi studi evidenziano come l’utilizzo della tecnologia aiuti a migliorare le capacità attentive e a mantenere attiva la memoria, rallentando gli effetti delle forme più lievi di declino cognitivo. Inoltre il digitale permette di sviluppare nuove competenze, di scoprire o riscoprire alcuni interessi e di ridurre la noia, anche attraverso la socializzazione online. Il senso di gratificazione dato dall’essere ancora in grado di imparare e riuscire a cavarsela in un “nuovo mondo” è poi impagabile e aiuta a percepirsi come aderenti alla realtà e presenti a sé stessə.
Impegnarsi per una digitalizzazione più inclusiva significa questo: avvicinare e mantenere unite generazioni lontane senza lasciare nessunə indietro.
E sì, è qualcosa per cui vale la pena ingoiare qualche “ok boomer”.
2 comments
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