Quando noi di Humee facciamo formazione, capita spesso che ci chiamino per corsi riguardanti la cittadinanza digitale. Uno degli argomenti che trattiamo è il digitale come alibi, contrapposto al digitale come valore aggiunto e risorsa.
È facile, a volte immediato, incolpare i social o la tecnologia per la mancanza di empatia delle persone (“Su Facebook l’empatia non esiste.”), oppure perché distraggono e distolgono l’attenzione (“Non sta mai attento, è sempre su Instagram.”) o, ancora, perché mostrano un mondo irreale (“Mia figlia crede che i corpi delle influencer su Instagram siano reali.”).
Se si vuole essere cittadine e cittadini digitali responsabili è tuttavia necessario partire da un assunto: il digitale non è, e non può, essere un alibi.
Non de-responsabilizzare
Incolpare il digitale e i social di ciò che accade de-responsabilizza le persone. Ci hai mai pensato?
Facciamo un passo indietro: i social esistono perché esistono le persone che lì sono iscritte. Se togli le persone dai social, cosa resta? Nulla. Una scatola vuota. Lo dice anche il nome: social network significa, letteralmente, rete sociale (e, infatti, un social network non è necessariamente online!).
Questo cosa significa? Se i social esistono grazie alle persone, vuol dire anche che sono tali grazie – o più frequentemente – per colpa delle persone che li abitano.
Addurre a uno strumento – che di per sé non è né negativo né positivo – la bontà o meno del suo utilizzo, è come dire che un coltello è sempre un male perché può essere utilizzato per ferire qualcuno, dimenticandosi che serve anche per mangiare, costruire un riparo e così via.
Incolpare i social, dunque, de-responsabilizza le persone, esattamente come de-responsabilizzeremmo il colpevole o la colpevole di un omicidio se affermassimo che l’omicidio è stato commesso usando un coltello.
Responsabilizzare a una cittadinanza digitale consapevole
È necessario ribaltare la prospettiva e ripensare il proprio modo di intendere i social.
Di per sé non siamo di fronte né a un male, né a uno strumento non empatico, né a un luogo che inneggia alla finzione ma siamo di fronte a uno strumento che può essere utilizzato male, che può essere usato senza empatia, che può ospitare finzione.
Ad essere ostili, poco empatiche e finte, se mai, sono le persone.
Dietro ad ogni schermo c’è infatti un corpo fatto di carne, ossa e coscienza ed è proprio quel corpo e quella mente che vanno educati e responsabilizzati ad un uso consapevole del digitale.
Va ricordato che dietro un profilo c’è – quasi – sempre una persona, che ciò che dici agli altri e alle altre rimane e può offendere, che un’informazione falsa non va condivisa, che una persona in difficoltà va difesa, che ogni luogo, anche digitale, ha le sue regole e le sue norme sociali.
Abbiamo bisogno di educazione digitale. Ma ancora di più abbiamo bisogno di de-responsabilizzare il digitale e responsabilizzare noi stesse e noi stessi. Non facciamo l’errore di credere che la responsabilità sia dello strumento che utilizziamo e non nostra.
1 comment
Nimabi 29 Novembre 2023
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