Esplorare il sottobosco del web può essere un’esperienza destabilizzante ma in grado di fornire sempre numerosi spunti di riflessione. Mentre mi documentavo per scrivere l’articolo di questo mese sul bodyshaming maschile, mi sono imbattuto in realtà digitali di cui avevo sentito solamente parlare ma che mai mi era capitato di approfondire in prima persona. Così ho deciso di riportare in questo articolo le mie “scoperte” per andare ad esplorare un tema che in misura più o meno diretta ci coinvolge tutti: l’ansia da prestazione.
La società della prestazione
Diciamocelo: viviamo in una società che ha messo la prestazione al centro di tutto, sia a livello analogico che digitale.
Oggi più che mai l’asticella della prestazione si è alzata e le richieste di essere belli, popolari, bravi - e possibilmente ricchi - nello sport o sul lavoro si fanno sempre più pressanti.
Anche online, che sia attraverso una storia su Instagram, un video su YouTube, una performance su Tik Tok, tutti siamo chiamati ad essere in qualche modo prestanti per ottenere la considerazione degli altri. Anche se il nostro messaggio è positivo, per far sì che questo venga recepito è necessario avere un buon numero di follower ed essere in grado di sopportare la pressione social(e) che ne consegue. Dove voglio arrivare?
Di fronte a tali richieste molti nativi digitali si sentono inadeguati, impotenti, incapaci.
In particolare i ragazzi sembrano vivere quest’ansia da prestazione in modalità differenti rispetto alle ragazze, e non è un caso che la maggior parte degli hikikomori, i giovani isolati in casa, siano maschi (il 90% in Italia e il 70% in Giappone). Sono anche aumentate le pressioni relative al corpo maschile, che sfociano nella bigoressia, ovvero la volontà di diventare più “grossi”, più muscolosi per aderire a un ideale maschile (molto discutibile) di virilità e forza, frutto di una visione patriarcale ancora molto presente sul come “deve essere un uomo”.
Il forum dei brutti
Questa visione idealizzata e distorta del corpo maschile ha portato alla creazione di spazi digitali popolati da ragazzi che si autodefiniscono Incel, ovvero celibi involontari, i quali non si ritengono all’altezza delle enormi aspettative generate dalla società. Soprattutto per quanto riguarda l’aspetto estetico esistono diverse community come quelle del “forum dei brutti” in cui viene definito un canone di bellezza “oggettivo” sulla base del quale i ragazzi si auto-classificano attribuendosi un punteggio da uno a dieci.
“Io mi ritengo un quattro e mezzo, ma sarei un cinque se non fosse per l’acne”
“Solo chi è brutto come me può capire davvero come funziona il mondo”
“La bellezza interiore non esiste, conta solo l’estetica e il successo”
Leggere questi post fa male, soprattutto perché denotano un cinismo e una disillusione (oltre a una buona dose di autocommiserazione compiaciuta e misoginia) che mi hanno portato a interrogarmi sul mio ruolo di formatore ed educatore. La ricerca di parametri così specifici per definire la bellezza e lo status sociale porta inevitabilmente a sottostimare tutte le altre caratteristiche che ci permettono di vedere una persona per quello che è nella sua interezza.
Non è ipermoralismo o retorica spicciola ma viene davvero da chiedersi dove si sia sbagliato.
In queste frasi vedo però anche una ribellione, una sommessa protesta ai modelli estetici imposti e una ragione in più per riconsiderare le proprie categorie. Un rigurgito nei confronti di quella stessa società paternalista che dichiara cosa è bello e cosa è brutto senza preoccuparsi troppo delle conseguenze.
Penso sia necessario, in generale ma soprattutto come genitori, ridimensionare il concetto di bellezza per come viene idealizzato oggi.
Come? Cercando di non sovraccaricare ragazzi e ragazze di aspettative legate a quello che viene considerato (ma da chi poi?) un bel corpo, ma piuttosto insegnando loro a prendersene cura, evitando di dare giudizi sull’aspetto fisico altrui e disinnescando associazioni superficiali del tipo bello= felice.
Basterebbero questi semplici accorgimenti per allentare la pressione che i ragazzi sentono quando, in adolescenza, si trovano a confrontarsi con proprio corpo.
5 comments
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