Associare le emozioni al digitale può sembrare una contraddizione, un ossimoro. Per molto tempo si è attribuita a Internet la colpa, da una parte, di anestetizzare le emozioni, dall’altra di incentivarle in maniera però sregolata e incurante dell’altro/a attraverso picchi di rabbia e frustrazione che si manifestano soprattutto nei commenti sui social. Il termine “analfabetismo emotivo” ha quindi iniziato a prendere campo proprio in riferimento a questa incapacità di regolare le emozioni attraverso il digitale.
In questo articolo abbiamo deciso di trattare entrambi questi temi e così Stefano ha scritto il primo pezzo su come vengono espresse le emozioni sul Web mentre Bianca ha approfondito il tema dell’empatia e di come questa possa essere veicolata attraverso il digitale. L’obiettivo è quello di offrire un punto di vista nuovo sulle emozioni e il digitale, un argomento spesso controverso.

Emozioni in Rete.

Le emozioni, genuine e autentiche, sono ciò che gli utenti, soprattutto quelli più giovani, ricercano maggiormente sul web. Pensate che, addirittura, esistono specifici format video su YouTube che si basano sulla manifestazione e l’espressione delle emozioni più viscerali. Il motto di YouTube “Broadcast yourself” (“Trasmetti te stesso”) in questi frangenti viene preso alla lettera e le emozioni sono espresse, talvolta in modo volutamente esagerato, al fine di suscitare una reazione nello spettatore che sia in linea con l’emozione veicolata da quel/la influencer. È il caso dei video reaction, in cui la sorpresa e la gioia di fronte al nuovo trailer di un film o all’uscita del nuovo disco di un artista rap vengono condivise con il proprio pubblico, con urla di gioia o pianti di commozione. Oppure dei video “flame” e di quelli “rant” in cui si esprime la propria rabbia nei confronti di qualcosa o qualcuno, che si tratti di un altro youtuber, di un videogioco uscito sul mercato incompleto o di una situazione sociale considerata intollerabile.
Non mancano nemmeno le “challenge disgustose” dove ci si mette alla prova mangiando cibi di dubbia provenienza e dove si manifesta il proprio disgusto attraverso smorfie e linguacce inequivocabili. E la tristezza? Di tutte le emozioni la tristezza è quella che solitamente si tende a esprimere meno. Tuttavia, su YouTube, Instagram e TikTok, molti influencer hanno iniziato a fare “coming out” quando si sentono tristi, mostrando un lato di sé più delicato, più fragile e più -appunto-emotivo.
Al di là delle emozioni primarie, da Internet sono emersi persino nuovi termini per identificare una serie di stati emotivi in cui i giovani si ritrovano e a cui si riferiscono. L”Hype” è quel senso di ansia ed eccitazione condivisa che si prova quando si attende una cosa in maniera spasmodica e irrefrenabile, come quando da bambini, alla vigilia di Natale, si stava svegli tutta la notte in attesa di scartare i regali sotto l’albero. “Cringe” viene utilizzato per identificare una persona o un comportamento che suscita imbarazzo misto a vergogna mentre “Creepy” indica qualcosa di spaventoso, che genera paura e inquietudine.
Sembrerebbe quindi che il digitale non abbia soppresso le emozioni ma che anzi, grazie ad esso, si siano trovati nuovi modi per esprimerle e definirle. Il fatto che venga data risonanza e ascolto alle emozioni altrui, soprattutto quando mostrate in modo spontaneo e non artificioso, è di per sé un buon segno ma è sufficiente perché si possa parlare di empatia digitale nella comunicazione online?

Emozioni in video.

Il 2020 è sicuramente l'anno della didattica a distanza e delle riunioni digitali. Non è un caso se insegnanti e lavoratori si pongono lo stesso problema: come far trasparire le emozioni attraverso la webcam? Come riuscire a trasmettere vicinanza ai propri alunni o colleghi? Come non perdere la relazione? Sono tutte domande che si potrebbero racchiudere nella stessa questione: ma il digitale permette di veicolare emozioni? Sì, lo permette. In maniera diversa, ma lo permette. Nel prossimo articolo che uscirà su questo blog, Martina parlerà del ruolo che in questo hanno emoji e GIF, ad esempio. Anche in video è comunque possibile far trasparire e comunicare emozioni e vissuti. Rispetto a un incontro in presenza, la webcam non consente di ottenere tutte le informazioni visive e uditive a cui siamo abituati e abituate (postura, gestualità, sfumature della voce, ecc), ma permette un grado sufficiente di approssimazione. È un po' come guardare qualcuno, essere senza occhiali da vista e non vederci troppo bene. Le emozioni arrivano lo stesso, ma è necessario uno sforzo in più per recepirle. O per trasmetterle.
In aiuto possono allora accorrere i gesti, le immagini a supporto, la modulazione del tono di voce e così via. La comunicazione è fatta di elementi diversi: in presenza le persone sono solite usare le parole senza troppo pensare al corpo e al tono di voce, che spesso vanno in automatismo. Online, diventa invece necessario prestare attenzione a tutti quegli elementi che possono fare la differenza. Il digitale ci pone una sfida: porre maggiore cura nella comunicazione con gli altri, accertandosi che abbiano recepito correttamente il messaggio, facendo più domande, utilizzando in maniera più consapevole il corpo, la gestualità e le espressioni del viso. Le emozioni possono essere veicolate anche attraverso uno schermo perché davanti alla webcam ci stanno delle persone, che reagiscono, sentono, percepiscono. Il segreto è esplicitare ciò che si prova un po' di più, sfruttando l'occasione per allenarsi a comunicare le proprie emozioni e potenziare la propria intelligenza emotiva, tutte competenze che possono essere poi riportate in analogico.
Se si è insegnanti, a questo si aggiunge la possibilità di lavorare con i propri alunni e alunne sul tema. Dalle medie in su perché, ad esempio, non chiedere loro come fare a comunicare più efficacemente online? Aprire un dibattito sull'argomento può costituire non solo un momento di condivisione di gruppo, ma anche un ottimo spunto per raccogliere buone prassi digitali.